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Alla fiera del campionato

E’ stata la sessione di calciomercato più mesta, desolata e dimenticabile degli ultimi 150 anni: pochi soldi, limitata capacità cranica e scarsa voglia di non scansarsi al cospetto della Juventus tiranna in attesa di tempi, modi e, soprattutto, yen migliori. “Il condor ha smesso di volare” ha affermato Adriano Galliani, ammettendo candidamente ciò che era manifesto da sempre: senza gli assegni di casa Fininvest (holding di cui è parte l’A.C. Milan S.p.A.), destinati a orgettine, ex mogli, De Benedetti e Montolivo, il geometra è un bluff. Si fa un selfie con Tevez? E lui va ai bianconeri con meno di soldi di quanti spesi per Alessandro Matri (15 partite, 1 gol per la causa rossonera che dovrebbe fargli causa per circoncisione d’incapace). Viaggia in Croazia per trattare Pjaca? E quello già prenota le visite mediche al Jmedical, preferendo di gran lunga la panchina alla gloria decadente di Milano. C’era un tempo, neanche troppo obliato, in cui il condor si travisava da testimone di Geova e molestava i citofoni dei calciatori, promettendo una nuova fede e più sostanziosi denari; oggi è un testimone di Genova, sempre prono a soddisfare i desideri Preziosi, che giochi non sono ma il bisogno di sbolognarsi di Ocampos. Dunque, più per l’imbruttimento altrui che per fascino proprio, l’Inter si prende l’Oscar del mercato con un’operazione alla “Scemo & più scemo” che soltanto uno scemo non poteva pensare, infarcendo le casse atalantine con tre quintali di “pagherò” riscuotibili a partire dal 2019. I Jim Carrey e Jeff Daniels nerazzurri, nonostante i bilanci attuali tenuti sotto osservazione dall’Uefa, si sono così assicurati Roberto Gagliardini, uno dei giovani centrocampisti (italiano!) più splendenti delle vetrine europee. Al contempo, Piero Ausilio è riuscito persino a sgravarsi di Felipe Melo che ha deciso di cambiare sport e diventare calciatore al Palmeiras, Andrea Ranocchia abbandonato negli stagni dell’Hull City nella speranza che non ritrovi la via di casa, e Stevan Jovetic che adesso può sprecare il proprio talento a Siviglia. Prossimo alla standing ovation, alla licenza di terza media honoris causa e al 151° Pokemon, il ds si è improvvidamente ricordato di essere Piero Ausilio e quindi ha dovuto baciare pantofole cinesi dalle quali è fuoriuscito Trent Sainsbury, difensore australiano in eccesso nell’altra squadra di Suning (lo Jiangsu) ma non per l’altra squadra di Milano. Tanto per far intendere chi è l’azienda madre e chi la succursale.
Dalla miseria, come la grazia del ciliegio che meglio si nutre dalla fossa senza nome dei sifilitici, si erge Carmine Mino Raiola (scritto con pudore per non offendere le eventuali lettrici), l’unico capace a trarre profitto anche dal trasferimento di Omar El Kaddouri dal Napoli all’Empoli: su un milione e duecentomila euro spesi dai toscani per il marocchino, ben trecentomila li ha intascati il procuratore.
La questione è in sospeso: Raiola, dei procuratori, se non è il Leonardo, è il Newton, oppure i presidenti se non sono i più scemi sono soltanto scemi?

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